Carine Roitfeld was the subject of a fascinating article published on 27 September in the weekly Italian magazine TU STYLE. Titled "The Devil Wears Fetish," the article delves into Carine's more devilish side, dwelling on the provocative editorials she has published and the controversy she has aroused. I am extremely grateful to Francesca Berti for kindly translating the article from Italian to English for us to enjoy. Grazie bella!
IL DIAVOLO VESTE FETISH
Modelle in tenute sadomaso, bambine truccatissime in pose languide e poi corde, tacchi assassini, manette. Carine Roitfeld, ex direttore di Vogue Paris, ha sdoganato l’hard ribattezzandolo erotico-chic. Ma l’ha pagata cara. Ora esce una sua autobiografia. Irriverente. Testo di Valeria Chierichetti.
Nel nostro armadio ci saranno di sicuro. Un paio di sandali altissimi con lacci, e nastri di raso che fasciano, erotici, la caviglia. E poi basterebbe pensare ai tronchetti borchiati con platform, “must have” di quest’anno, o agli stivali cuissard dotati di sexy stringhe che salgono fin sopra il ginocchio. Basterebbe osservare le sopracciglia delle modelle. Folte, scure. E il loro trucco, quasi drammatico: ombretto che segna la palpebra inferiore, in un effetto ambiguo, equivoco, enigmatico. Basterebbe infine pensare a certi abitucci di pelle, fascianti come una seconda pelle, con spacchi e tagli strategici, un inno alla più insolente sensualità. Dietro tutto ciò c’è sempre lei. Carine Roitfeld, ex direttore di Vogue Paris, ma tuttora una delle più influenti fashion-lady mondiali. Tanto che uno degli eventi del prossimo autunno è l’uscita di Irriverente il 18 ottobre (Rizzoli): 368 pagine di foto, una sorta di autobiografia per immagini, raccolte e selezionate da Roitfeld, tra le migliaia scattate in trent’anni di onoratissima carriera. Irreverent. Anzi “very irreverent” sarebbe da dire. Un’irriverenza o, meglio, una trasgressività quella di Roitfeld, che forse è stata la causa del suo licenziamento da Vogue Paris, lo scorso 2010. Lei ovviamente nega affermando che aveva già deciso di lasciare la poltroncina: ‹‹Dieci anni, 100 numeri, il sistema moda che diventava sempre più serioso, ero stufa›› ha dichiarato. Il resto del mondo, però, continua a pensare che il suo sia stato un “addio forzato”. In quel numero di Vogue del dicembre 2010 Madame passò davvero i limiti. Pubblicando un servizio in cui al posto di modelle professioniste erano state immortalate, tra cuscini leopardati e lenzuola di seta, bambine di sette anni, truccatissime, in pose languide, vestite con abiti di Versace, Saint Laurent e mini-Louboutin dorate con laccetti e maxitacco. Roba che il professor Humbert Humbert, protagonista del romanzo di Nabokov, Lolita, sarebbe svenuto all’istante. Insomma, uno scandalo, un inno alla pedofilia. D’altra parte le bambine-lolite arrivavano dopo un’infinità di servizi, dove la moda della Roitfeld trasudava erotismo da ogni pagina. Basterebbe pensare alla modella Crystal Renn, fotografata con il volto bendato, inquietante, da post intervento di chirurgia plastica, a una Lara Stone, a seno nudo in mezzo a una piazza parigina, fino a Karen Elson, modella favorita di John Galliano, ritratta con uno striminzito abituccio nero, ma legata come un arrostino con il cordone di seta dei tendaggi. Per quella foto, come ammise Roitfeld in un’intervista del 2007 all’Observe, ‹‹il telefono della redazione suonò ininterrottamente per tre giorni: femministe inferocite che mi coprivano d’insulti per quello che in fondo è solo erotic-chic, bondage-glamour››.
IL BONDAGE? COME L’IKEBANA La musica non è cambiata. Infischiandosene di eventuali responsabilità verso l’istigazione al sesso estremo, la signora ha recentemente ribadito che in fondo il bondage è una forma d’arte. Soprattutto in Giappone. Non c’è nulla di male (infatti, i risultati si vedono proprio oggi). ‹‹E’ arte, come l’ikebana. Fin quando c’è della bellezza e dell’eleganza nelle immagini, io non ho paura di niente›› ha aggiunto candida Carine in un’intervista rilasciata lo scorso luglio a Karl Lagerfeld per il magazine Interview.
L’INCONTRO CON TESTINO D’altra parte la provocazione, in questa cinquantenne con l’occhio pesto (il trucco torbido se lo è inventato su misura per mimetizzare le borse sotto gli occhi, poi imitate da schiere di giovani, fresche, sciagurate che di occhiaie non ne hanno nemmeno l’ombra) e un corpo da adolescente (very lucky lady, ossia quando piove sul bagnato), fa parte della sua vita. Nata da una famiglia alto borghese parigina, a 16 anni, stufa della scuola, scopre le discoteche e la moda. Dove fa il suo ingresso come modella. ‹‹Non ero un granché, forse il mio viso non corrispondeva ai canoni dell’epoca›› ha confessato. Poi passa dall’altro lato della barricata. Primi servizi, come redattrice per Elle Francia. ‹‹Piccolissimi servizi, fotine, cosucce››. Nel frattempo trova marito, Christian Restoin, ci fa due figli (trasgressiva nella moda Carine è invece una moglie-madre modello), continuando a lavorare come free-lance. In un servizio l’incontro che le cambia la vita, con il superfotografo Mario Testino. La coppia ingrana. Cominciano a lavorare insieme. Pubblicità, shooting per Vogue America e Vogue France. E’ il momento del celebre scatto per la rivista The Face dove i due fotografano una Eva Herzigova con un grembiulaccio macchiato di sangue, un coltello da macellaio in mano e un pezzo di carne, ovviamente sanguinolenta, davanti. ‹‹I coltelli mi fanno paura, ma mi attirano, anche il sangue›› aveva ammesso con la solita irriverenza da neo-dark lady, alla Dario Argento. A metà degli anni 90, l’incontro con Tom Ford. Che la vuole a ogni costo come consulente per rifare il marchio Gucci. Carine, che non è una che guarda negli archivi, della Maison italiana sa pochissimo. Soltanto ‹‹che era noiosissima, vecchia, stantia›› ricorda. Come uno tsunami la rivoluziona. L’eros-chic esplode in passerella.
GLI ANNI D’ORO DI VOGUE A quel punto spunta anche Jonathan Newhouse, presidente della Condè Nast. Con un’offerta irrinunciabile. La poltrona di Vogue Paris. Carine rivoluziona la testata. E la moda di tutto il mondo. Immagini taglienti, una fotografia a colpi di rasoio. In copertina non ci mette le star del cinema, belle ma “insipide”. Al massimo facce strane, tipo Sofia Coppola, oppure Charlotte Gainsbourg, che lei riveste con outfit dell’avanguardia giapponese, oppure dive-faccia d’angelo, come la Casta, che immortala in pose lascive. Parigi la incorona, non il resto della Francia, più bigotta e provinciale. Tanto che Carine, più sprezzante che irriverente, afferma: ‹‹Il mio Vogue è Vogue Paris. Del resto io sono parigina e non amo i francesi››. Gli introiti del giornale aumentano vertiginosamente. Le pagine di pubblicità, sotto l’era Roitfeld, s’incrementano del 60 per cento. Mentre lei, con il suo viso che ricorda Iggy Pop, ormai ha agguantato il suo posto in prima fila accanto alla collega Anna Wintour, direttrice mito di Vogue America. Di lei Roitfeld dice che è ancora la regina della moda. Ma poi aggiunge che un paragone tra di loro è impossibile. ‹‹Anna è un politico, io sono una stylist››. Come dire, la Wintour guarda alla moda in modo più commerciale, io me ne infischio: voglio l’estetica, l’arte, la creatività. E infatti, nonostante la mole di lavoro, molti servizi li firma ancora lei. ‹‹Lavoro come direttore per tutta la settimana, il weekend vado sul set: nessuno può essere più critico nei miei confronti di me stessa››.
SOLO MAGRE NEL SUO STAFF Insieme alla fama, intorno al personaggio Roitfeld s’intensificano le leggende. Una per tutte? Nell’ufficio di madame ci sarebbe stata una bilancia, dove, in puro stile Diavolo veste Prada, Carine pesava le sue collaboratrici, che dovevano essere tutte magrissime e iperchic. Il mezzo a tutti i “si dice” — Roitfeld odierebbe le pellicce non per motivi animalistici ma perché hanno un cattivo odore e le indossa con fastidio — è certo invece che sul suo allontanamento più o meno forzato da Vogue non ha versato lacrime. Oggi è consulente per il famoso store Usa, Barney, e forse produrrà una sua linea di abbigliamento. Forse. Perché lei ‹‹non riesce a programmare la sua vita oltre sei mesi›› ha confessato a Lagerfeld. Ma su certi punti resta irremovibile. Quando qualcuno si azzarda a chiederle dei consigli fashion, Roitfeld risponde che continua a odiare le borse, ‹‹più sexy le mani in tasca››, i gioielli in genere, e in particolare gli orologi. Poi, molto più snob della snobbissima Wintour, all’improvviso si accorge che il mondo è fatto anche di donne normali. E allora, caritatevole, ammannisce distrattamente qualche dritta (dal significato oscuro). ‹‹Un paio di scarpe a stagione (et voilà che rispunta il feticismo), capi classici (detto da lei suona strano) come un Burberry e tante sciarpe indiane››. Ok, ma sotto il Burberry? Magari una mini-fetish acquistata in un sexy shop.
THE DEVIL WEARS FETISH
Models held in S&M, little girls in heavy makeup in languid poses and then ropes, murderous stilettos, handcuffs. Carine Roitfeld, the former editor-in-chief of Vogue Paris, took custody and rebaptized the magazine in the spirit of hard erotic-chic. But she has paid dearly. Now comes her autobiography. Irreverent. Text written by Valeria Chierichetti.
We have them in our closets certainly. A pair of very high heels with laces and satin ribbons that bandage, erotically, the ankle. And then one need only think of studded ankle boots with platforms, “must haves” this year, or the leather boots with sexy laces that wrap up over the knee. Simply observe the eyebrows of the models. Thick, dark. And their makeup, almost dramatic eye shadow that marks the lower lid, in an ambiguous effect, equivocal, enigmatic. Finally one need only think of a certain leather dress, snug as a second skin, with strategic slits and cuts, a hymn to the most insolent sensuality. Behind all this there is always her. Carine Roitfeld, ex-editor-in-chief of Vogue Paris, but still one of the most influential people in the world of fashion. So much so that one of the main fashion events this autumn is the release of Irreverent on 18 October (Rizzoli): 368 pages of photos, a kind of autobiography in images, collected and selected by Roitfeld, among thousands taken in thirty years of her honorable career. Irreverent. Indeed “very irreverent” one must say. Irreverent or, even better, a transgression of Roitfeld, who perhaps was the cause of her own dismissal from Vogue Paris in 2010. Obviously she denies it, affirming that she had already decided to leave the position: “Ten years, a hundred issues, the fashion system is becoming increasingly serious, I was tired,” she declared. But the rest of the world continues to think that hers was a “forced goodbye.” In that December 2010 issue of Vogue Paris, Madame really pushed the limits. Publishing a feature in which, instead of professional models, were immortalized, among leopard pillows and silk sheets, seven year old babies, in heavy makeup, in languid poses, dressed in clothing by Versace, Saint Laurent and golden mini-Louboutin with little laces and maxiheels. Stuff that Professor Humbert Humbert, the main character of Nabokov's novel Lolita, would faint over in an instant. All in all, a scandal, an ode to pedophilia. On the other hand, the baby Lolitas arrive after no end of features, where the fashion of Roitfeld oozes eroticism from every page. Just think of the model Crystal Renn, photographed with her face bandaged, disquieting, post plastic surgery, to Lara Stone, topless in the middle of a square in Paris, then to Karen Elson, a model favored by John Galliano, portrayed in a tight little black dress, but tied up like a little roast with the silken cords of curtains. For that photo, as Roitfeld admitted in an interview in 2007 with The Observer, “The telephone of the editorial office rang uninterrupted for three days: ferocious feminists that hurled insults at me for what in the end is only erotic-chic, bondage-glamour.”
THE BONDAGE? HOW IKEBANA The music has not changed. Not caring about the possible responsibility towards the instigation of extreme sex, the woman has recently reiterated that all things considered, bondage is an art form. Especially in Japan. There is nothing wrong (in fact, the results are seen today — in Italy a girl dead in an bondage game). “It is art, as the ikebana. As long as there is beauty and elegance in the images, I do not fear anything,” candidly added Carine in a interview last July with Karl Lagerfeld for Interview magazine.
THE MEETING WITH TESTINO On the other hand, the provocation, in this fifty year old with black eyes (the smudged makeup is a trick invented by her to camouflage the bags under her eyes, subsequently imitated by legions of young, fresh, wretches whose eye sockets haven't even a hint of a shadow) and a body like a teenager (very lucky lady, that is when it rains it pours), all part of her life. Born into a bourgeois Parisian family, at sixteen years old, tired of school, she discovered nightclubs and fashion. Where she made her entrance as model. “I was not much good, maybe my face didn’t correspond to the canons of the time,” she confessed. Then she went to the other side. First writing features, as an editor for Elle France. “Very little features, little photos, little things.” In the meantime she found a husband, Christian Restoin, made two children (transgressive in fashion Carine is instead a model mother-wife), continuing to freelance. Then the editorial meeting that changed her life, with the super photographer Mario Testino. The couple engage. They start to work together. Advertising, shooting for Vogue America and Vogue Paris. It is the moment of the famous click for the The Face magazine, "The Butcher," where the two photographed Eva Herzigova in a blood-stained apron, a butcher knife in hand and a piece of meat, obviously bloody, in front of her. “Knives scare me, but they attract me, also blood” she admited with the usual irreverence of the neo-dark lady, as Dario Argento (Italian horror film director). In the mid 90s, the meeting with Tom Ford. He wants her at all costs as the consultant to rebrand Gucci. Carine, who does not look at archives, knows very little about the Italian maison. Only “that was boring, old, and stale” she remembers. Like a tsunami she revolutionizes it. The eros-chic explodes on the runways.
THE GOLDEN AGE OF VOGUE At that point appears Jonathan Newhouse, chairman of Condè Nast. With an indispensable offer. The editor-in-chief of Vogue Paris. Carine revolutionizes the masthead. And the fashion world. Sharp images, photography like razor strokes. On the cover she does not put the stars of cinema, beautiful but “insipid.” Instead the latest strange faces, such as Sofia Coppola, Charlotte Gainsbourg, or she plays with the outfits of Japanese avant-garde, or angel-face stars, as the Casta (Laetitia Casta), that she immortalized in lascivious poses. Paris crowned her, not the rest of France, which is more bigoted and provincial. So much so that Carine, more scornful than irreverent, affirmed: “My Vogue is Vogue Paris. Besides I am Parisian and I do not love the French people.” The incomes of the magazine increase vertiginously. The pages of advertising, in the Roitfeld era, increase 60 percent. While she, with her face reminiscent of Iggy Pop, has now taken her place in the front row next to her colleague Anna Wintour, mythical editor-in-chief of Vogue US. Roitfeld says that she is still the queen of fashion. But then she adds that a comparison between them is impossible. “Anna is a politician, I am a stylist. One might say that Wintour looks at fashion in more commercial way, I do not care: I want the aesthetic, the art, the creativity." And in fact, despite the workload, many editorials are styled by her. “I work as editor-in-chief all week, on the weekend I go on the set: nobody can be more critical towards me than myself.”
ONLY THIN STAFF With the fame around Roitfeld's figure, the legends intensified. The one that beats all? In the office of Madame there was a scale on which, in pure Devil Wears Prada style, Carine weighed her assistants, all of whom had to be very thin and hyperchic. In the middle of all “is said” — Roitfeld would hate the fur coats not for animalistic reasons but because they have a bad smell and she wears them with discomfort — but it is certain that on her departure more or less forced from Vogue she did not shed tears. Today she is a consultant for the famous U.S. store, Barneys, and maybe she will produce her own clothing line. Maybe. Because she “is not able to plan her life beyond six months” she confessed to Lagerfeld. But on some points she remains adamant. When someone dares to ask her for fashion tips, Roitfeld replies that she continues to hate bags, it's “more sexy with hands in pocket,” jewelry in general and in particular watches. Then, more snobbish than the very snobbish Wintour, suddenly she notices that the world is also made of normal women. So, charitable, she casually prepares some tips (with obscure meaning). “A pair of shoes a season (et voilà there appears again the feticism), classical pieces (said by her it sounds strange) like a Burberry belted with an Indian scarf.” Ok, but under the Burberry? Maybe a fetish mini skirt purchased in a sex shop.
Translation from Italian to English by Francesca Berti.
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mercredi 30 octobre 2013 
